Tra le prime a finire nei chiaro scuri della macchina fotografica di Francesco Tadini io, come altri, immortalati tra la luce e le ombre scopriamo un modo nuovo di guardarci. Siamo, del resto, anche ciò che gli altri vedono. Francesco guarda nelle pieghe: lui piegato dalla vita e stirato a nuovo dalla volontà. Gli occhi sono troppo scontati per guardarsi e Francesco non li cerca per ritrarre. C’è tutto il corpo che parla. Un gesto, una inclinazione della testa, una schiena contro l’altra, uno sfondo a sorpresa e tutte le persone che fotografa si trovano a recitare una parte a sorpresa in una precisa sceneggiatura. Si riscoprono altro da ciò che si immaginano di essere piacevolmente inseriti in una storia diversa dalla loro vita. Così anch’io. (continua)
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